Il progetto, nato dal desiderio di favorire l’integrazione sociale delle persone con trisomia 21, ha reso protagonisti una decina di ragazzi dell’Aipd residenti nel Vibonese di un laboratorio culinario dove, a partire dalle 18:00, schierati uno ad uno con cappelli da chef e grembiuli squisitamente evocativi "A tavola i veri limiti esistono in chi guarda", si sono cimentati in una serie di piatti e di sperimentazioni gastronomiche in un clima gioviale di armonia e collaborazione.
Il workshop culinario, tra apprendimento e inclusione, tra piatti elaborati e sorrisi genuini, ha la finalità di dimostrare quanto le persone con disabilità siano una risorsa importante anche dal punto di vista della produttività lavorativa e delle capacità di stabilire relazioni empatiche con gli altri, contribuendo sensibilmente a migliorare il clima all’interno del luogo di lavoro.
In sala, ad attendere, le famiglie dei giovani chef e l'abbraccio sentito delle istituzioni, con la presenza del sindaco Maria Limardo, del presidente della provincia Salvatore Solano, del vicesindaco Domenico Primerano, degli assessori Rotino e Scalamogna, del consulente del comune dott. Colloca, una delegazione del gruppo editoriale Diemmecom–LaC, guidata dall’editore Domenico Maduli e dal direttore generale Maria Grazia Falduto, e i rappresentanti di Vibonese Calcio, Caritas Diocesana e Radio Onda Verde che hanno potuto degustare assieme ai ragazzi i cibi preparati trascorrendo in loro compagnia la cena conviviale nel noto locale d’alta cucina. La serata, che ha visto il patrocinio delle associazioni Euro Toques - Unione Europea Cuochi, e Imahr - International maitre association hotel restaurant si è conclusa con la consegna degli attestati a ricordo dell'evento.
Un percorso formativo di inserimento verso il mondo del lavoro di persone con sdD fino a qualche tempo fa considerato impossibile ma che – ne è evidenza il successo di questa e di altre analoghe iniziative – sta avanzando con costanza e tenacia affinché venga socialmente riconosciuto come un diritto di ogni persona con sdD l’imparare un mestiere e l’avere la possibilità di poterlo svolgere.
Permettere alle persone con sindrome di Down di inserirsi in un percorso di crescita e di autonomia personale e sociale per evitare l’isolamento al quale probabilmente, finito il ciclo di studi, sarebbero destinati, apre la strada ad un presente e ad un futuro in cui ciascuna di queste giovani risorse possa felicemente sentirsi parte integrante del tessuto economico e produttivo della società.

di Ilaria Giampà