8 marzo 2021: dalle origini del Women’s Day ad oggi, la pandemia amplifica la discriminazione di genere e la violenza sulle donne

La Giornata internazionale dei Diritti della Donna ricorre ogni anno l'8 marzo ed è stata istituita per celebrare le conquiste sociali, economiche e politiche delle donne, per rafforzare la lotta contro le discriminazioni di genere e le violenze che le donne hanno subito e continuano a subire ancora oggi nel mondo.

Origini del Women’s Day


L’International Women’s Day nasce ufficialmente negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909 ad opera del Partito Socialista americano che in quel giorno organizzò una grande manifestazione in favore del diritto delle donne al voto. Seguirono presto altre rivendicazioni da parte di moltissime operaie di New York che richiedevano migliori condizioni lavorative e un aumento di salario. Dopo l’incendio divampato il 25 marzo del 1911 nella fabbrica Triangle di New York in cui persero la vita 146 lavoratori, in maggioranza donne immigrate, le manifestazioni femminili si moltiplicarono in molti Paesi europei come Germania, Austria e Svizzera. L’8 marzo 1917 le donne di San Pietroburgo scesero in piazza per chiedere la fine della guerra. Da qui, le delegate della Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca scelsero l'8 marzo come Giornata Internazionale dell'Operaia.

In Italia il Women’s Day iniziò a prendere piede nel 1922 fino ad assumere un’importanza notevole nel 1945 quando l'Unione Donne in Italia (formata da donne del Pci, Psi, Partito d'Azione, Sinistra Cristiana e Democrazia del Lavoro) celebrò la Giornata della Donna nelle parti del Paese già liberate dal fascismo. Nel 1946 ventuno furono le pioniere della Costituzione. Erano soltanto il 4% dell’Assemblea Costituente ma seppero fare rete e ottenere grandi vittorie.



Le Madri Costituenti – che abbiamo voluto ricordare nello spot con cui celebriamo la Giornata della Donna - nella conquista della parità di genere e della libertà di essere donne lavoratrici come diritto fondamentale della Costituzione, contribuirono ad incidere sulla Carta quei principi fondamentali necessari per il cambiamento della condizione delle donne in Italia, fino a quel momento totalmente prigioniere della cultura patriarcale radicata nella società.

Da allora ad oggi è passato molto tempo. Ma i passi in avanti e le conquiste che le donne continuano a rincorrere faticosamente, nell’anno del covid hanno subìto una notevole battuta d’arresto. Il tasso di occupazione femminile è del 18% più basso rispetto a quello degli uomini, il lavoro part time riguarda il 73,2% delle donne ed è involontario nel 60,4% dei casi. I redditi complessivi delle donne sul mercato del lavoro sono in media del 25% inferiori rispetto a quelli degli uomini.


L’impatto della pandemia sulle donne italiane


Che l’Italia non fosse un Paese per donne lo avevamo capito per bene. Oggi lo è ancora meno perché tra i danni del covid c’è un aumento spropositato della violenza contro le donne che ha toccato livelli altissimi durante il lockdown e un incremento della disparità di genere, dei “soffitti di vetro” contro cui moltissime donne continuano a sbattere, quei punti della scala gerarchica, formalmente invisibili, che non riescono ad oltrepassare.

La fotografia dell’Istat ci dà il senso di un anno devastante con 444 mila posti di lavoro persi nel 2020. E ad essere più colpito è il genere femminile: dei 101 mila lavoratori in meno registrati a dicembre, 99 mila sono donne.

Gender gap: c’è ancora molto da fare


La discriminazione di genere, amplificata dall’emergenza sanitaria, ha costretto le donne in media a 20 ore settimanali dedicate ai cosiddetti “lavori non retribuiti” per accudire i figli, seguire le loro lezioni da remoto, pulire e gestire la casa, intrappolate nei pregiudizi sociali per cui i compiti di cura casalinga e familiare devono gravare esclusivamente sulle loro spalle.

Fonte: Corriere della Sera

Questo non significa che gli uomini non meritino il ruolo che occupano sul lavoro, che abbiano la strada spianata o che siano esenti da ingiustizie e limitazioni. Significa, semplicemente, essere consapevoli che la società in cui viviamo da sempre attribuisce ruoli e caratteristiche in base al genere, in base ad etichette che di fatto privano la persona del diritto di avere riconosciuta la capacità di scelta autonoma e indipendente. Perché non siamo abituati a vedere donne ricoprire posizioni di potere. Perché la maggior parte delle discriminazioni avvengono a livello inconscio.

La parità di genere a partire dai libri di scuola


Una rivoluzione arriva dai libri di scuola. Anche da lì prende vita la discriminazione di genere ed è anche dall’istruzione che bisogna partire. Di stereotipi come “la mamma cucina e stira, il papà lavora e legge” ne sono pieni i testi scolastici. Esercizi con immagini stereotipate sono incrostati sulle pagine dei libri di scuola da anni. Zanichelli sceglie così di stilare un decalogo per eliminare la discriminazione di genere nei libri di scuola evitando l’effetto “boomerang” ormai acclarato di impartire le regole grammaticali educando a ruoli ed etichette, stereotipi e pregiudizi di genere.

La sensibilità su questi temi sembra stia cambiando, finalmente. Le case editrici e i redattori di libri scolastici possono fare molto, prestando attenzione in tutte le discipline al linguaggio e ai contenuti proposti per potenziare messaggi di parità che aiutino tutti ad acquisire consapevolezza sulla necessità di una comunicazione inclusiva.


Fonte: Luisa Carrada, Guida di Stile 2017

Riconoscere e affrontare il pregiudizio inconscio, a tutti i livelli, è ciò da cui dobbiamo partire e su cui dobbiamo lavorare per creare un ambiente in cui le donne possano avere le stesse opportunità che da sempre sono garantite agli uomini, in cui possano essere libere di sviluppare pienamente il loro potenziale. Senza più soffitti di vetro, senza più ostacoli culturali, sociali, psicologici dentro cui sono ancora imprigionate.

di Ilaria Giampà

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